Questa Capri bella e negligente
di Michele Di Sarno. –
“Quella ha successo perché è bella”: il più classico dei pregiudizi.
Lo si potrebbe pensare anche della nostra isola, superficialmente, incuranti dell’impegno dei lavoratori nella propria mansione, delle capacità di quegli imprenditori che sanno integrare la propria attività a questa indubbia bellezza, della passione delle associazioni culturali e sociali che sensibilizzano i cittadini intervenendo sul territorio con la propria opera. Sarebbe grave autoconvincersi di questa etichetta, ma sarebbe anche comprensibile, a giudicare dalla difficoltà con cui vengono proposte idee innovative per onorare la fortuna – non dimentichiamolo mai – che ha Capri di essere Capri. Verrebbe, infatti, da abbandonarsi a quel luogo comune: cosa ne sarebbe di quest’isola, se non fosse così bella?
Quest’anno – è vero – non conta: anche con le migliori idee del mondo non avremmo fatto numeri molto diversi dagli attuali e da quelli che ci attendono. Ma perché non ci abbiamo nemmeno provato? Perché non ci siamo spremuti le meningi, specie in questa stagione in cui, per effetto della pandemia, avevamo ben poco da perdere? Tanto valeva impegnarsi un po’ a sperimentare, ad azzardare. Invece no: Capri è bella e tanto basta, perché le persone torneranno sempre e, chi quest’anno non può, già sta scalpitando. Noi abbiamo trovato già bell’e pronta la sublimità di questa pietra al dito fedele del mare, perciò rinunciamo a qualsiasi gratificazione personale.
Un esempio di questa “pigrizia di rendita” è riscontrabile nell’invito della Città di Capri – comparso un paio di settimane fa, in piena estate, sulla pagina Facebook istituzionale – a presentare entro sette giorni idee e progetti fatti e finiti per creare il calendario degli eventi culturali per l’estate già in corso: forse Capri meriterebbe una commissione stabile formata dai presidenti delle associazioni culturali più attive, che si riunisca continuamente e non solo a ridosso delle date utili. Un secondo esempio lo si può individuare nelle conseguenze evidenti del continuo rimandare piccoli e grandi interventi sul territorio, tendenza a cui ci stiamo abituando con il pretesto dell’eccezionalità di questo 2020: non vanno fraintesi gli appunti di cittadini o dei giornali in merito a quel che non va – per esempio – al parchetto o al cimitero acattolico, né se qualcuno si permette di chiedere aggiornamenti su vecchie promesse quali il parco giochi, l’area marina protetta, il cinema.
Parliamoci chiaro: di certo un’amministrazione non cade né viene delegittimata di fronte a segnalazioni del genere. Che vengano prese, quindi, per quello che sono, senza retropensieri golpisti: il cittadino deve sentirsi libero – perché ne ha il diritto – di esprimersi di fronte alle storture che nota.
Anzi, ogni sottolineatura è prova di una popolazione viva, che sente di appartenere al proprio territorio: guai, se diventassimo tutti indifferenti, se ci facessimo trascinare da quella pigrizia che, come diceva Benjamin Franklin “come ruggine, logora più del lavoro”!